La Francia per la prima volta nella storia si aggiudica i Campionati Europei di basket. Questo è il verdetto principale di Eurobasket 2013. Dai palazzetti sloveni, però, sono uscite diverse altre indicazioni: la Spagna non è più due gradini sopra le altre come nelle ultime edizioni, sette squadre hanno staccato il biglietto per i mondiali di Spagna 2014 e, oltre all’Italia, sono rimaste fuori altre big del vecchio continente: Grecia, Turchia e Russia su tutte.
E’ stato un torneo senza una dominatrice assoluta, tutte le squadre hanno avuto alti e bassi, i neo-campioni hanno saputo tirar fuori il loro basket migliore nel momento più importante, nelle partite da dentro o fuori, dove se la sono vista prima con i gasatissimi padroni di casa della Slovenia, di cui hanno sfruttato ogni punto debole con precisione chirurgica, poi con i bicampioni spagnoli, lasciando libero sfogo all’estro cestistico del loro leader Tony Parker ed infine con la tradizione a spicchi lituana, esprimendo una prova corale importante, figlia della troppa attenzione dei baltici per Parker.
Veniamo ai nostri.
Dobbiamo dire anche noi “Bravi lo stesso”? Diciamolo pure. Ma alla resa dei conti la nazionale di Simone Pianigiani non ha ottenuto l’obbiettivo della qualificazione mondiale che era alla nostra portata. Abbiamo saputo far fronte alle pesanti assenze e a tutto lo scetticismo che circondava i ragazzi di azzurro vestiti alla vigilia. E questo ha cementificato il gruppo consentendo a Datome e compagni di disputare una prima fase al di sopra di ogni più rosea aspettativa. Poi i nodi sono venuti al pettine: abbiamo giocato in 7 (e mezzo), gli unici cambi consistenti erano Gentile e Melli (il mezzo è Travis Diener dal quale ci si aspettava molto di più). Questo ha portato i nostri ad arrivare alle gare decisive con il fiato corto e le gambe cotte. I minuti di blackout che ci hanno condannato contro Slovenia e Croazia prima, soprattutto contro Lituania e Ucraina poi, sono figli anche di questa condizione.
Che dire dei singoli? Impossibile trovare un migliore ed un peggiore. Ha deluso Travis Diener, arrivato in azzurro da miglior realizzatore del campionato non hai mai saputo incidere come avrebbe dovuto ed è stato subito scalzato dalla cabina di regia da un ottimo Andrea Cinciarini che invece ha avuto la grinta giusta per guidare i nostri. Capitan Datome ha portato avanti l’ottima stagione capitolina con prestazioni di sostanza, anche lui, che praticamente non aveva un cambio, è arrivato alla fine quasi bollito. Il nostro “americano” Belinelli ce l’ha messa indubbiamente tutta, ma le percentuali al tiro nelle ultime gare sono precipitate a livelli poco vicine talento che conosciamo e questo ha inciso sul risultato finale. Aradori si è confermato ad alti livelli ed è calato come tutti nel finale, a dir poco ingiusti gli insulti nei suoi confronti dopo la sconfitta con la Lituania (è vero, due sbagli colossali nel finale quando stavamo recuperando: ma avremmo vinto? Il 15-0 di parziale non è certo frutto di una sbandata della guardia canturina). I nostri lunghi, Cusin e Melli, hanno fatto lavoro triplo contro avversari sempre più grossi di loro, hanno compensato con energia e grinta ai loro limiti fisici. La sorpresa più bella è stata Alessandro Gentile che ha chiuso come miglior realizzatore e ha fatto vedere a tutta Europa di che pasta è fatto, bello sapere che ha solo 20 anni e che in azzurro ci farà divertire ancora per tanto.
Si può comunque guardare avanti con ottimismo, sperando in una delle 4 wild card ancora a disposizione per andare in terra di Spagna l’estate prossima, consapevoli di aver ritrovato dei degni rappresentanti del basket italiano che mancavano da circa dieci anni.