#CEVChampionsLeague Trento senza miracoli: 0-3 contro il Belgorod. Le “paropagelle” (tema: Russialandia)

33 anni: età che fu già fatale, ora lo è anche per la pallavolo italiana. Doppia eliminazione in Champions League, dopo Piacenza arriva il 3-0 anche per la Diatec Trentino: in casa era chiamata a superare se stessa, la sfortuna degli infortuni, i propri fantasmi (ché, quando le cose iniziano a girare male, inizi ad aver paura anche della tua ombra) e compiere un miracolo contro il Belogorie Belgorod, l’esercito che dall’inizio della stagione ha perso solo una partita. La pallavolo di casa nostra si lecca le ferite dopo averle prese dalle due squadre russe e, dopo 33 anni appunto, guarda la Final Four solo come spettatrice tanto nel maschile che nel femminile. E, allora, signore e signori, venite a fare un giro nella nostra “Russialandia”, dove il braccio è forte (6 ace, 55% in attacco) e il muro altissimo (8 punti).
“SAPPIAMO VINCERE, SAPPIAMO ANCHE PERDERE” – C’è modo e modo di perdere, come si suol dire: Trento ha perso bene, se ci può essere un sorriso nella sconfitta. Ci ha provato sinceramente, ma per mettere in difficoltà una squadra-killer come il Belgorod ci voleva la migliore Trento possibile: senza opposto di ruolo e senza nemmeno capitan Birarelli era come chiedere a un bicchiere di togliere l’acqua dal Titanic. Una partita, con se stessa, Trento l’ha vinta: quella del carattere, della voglia di lottare, di buttarsi in quattro su un pallone, di rincorrerli tutti per non lasciare davvero niente di intentato. E nel 3º set, quando ormai les jeux étaient faits, ancora a graffiare punto su punto: per rendere orgogliosi i tifosi, per essere orgogliosi di se stessi. Perché c’è qualcosa, in ogni battaglia, che va oltre la vittoria o la sconfitta ed è l’onore. I ragazzi di Serniotti, stasera, sono stati tutti uomini d’onore.
CURVA GISLIMBERTI – Implacabili con l’avversario (soprattutto quando in battuta c’era il nemico storico, Dragan Travica), instancabili nel sostenere la loro squadra. “Se ci mettere – avevano scritto nella lettera aperta di mercoledì – il cuore e l’anima noi saremo sempre orgogliosi di voi con qualsiasi risultato”: Sintini e compagni non hanno tradito i tifosi, che hanno ripagato sostenendoli fino all’ultimo punto. Alla fine del 2º set, la sentenza di uscita dalla Champions, un solo coro si è levato al PalaTrento: “Orgogliosi di voi”.
MONTAGNE RUSSE – Una sola parola per questo Belgorod: giro della morte. Ti dà l’impressione di lasciarti respirare (l’inizio non è stato propriamente fulminante, con tanti errori in battuta, dove alla fine saranno 18, e in attacco), ma poi ti stritola semplicemente quando decide di farlo: capace di soffocare in battuta (il 1º set si è deciso sul turno in battuta di Bogomolov costato un parziale di 5-0), chirurgica con i muri dello stesso Bogomolov (3 sugli 8 totali di squadra), tempestosa con le diagonali in attacco di Grozer e i primi tempi di Muserskiy. E anche nel 3ºset, quando sono entrate tutte le seconde linee (Bagrey, Ilinykh, Zhigalov, Khanipov, Kosarev), i dolori non sono diminuiti: Zhigalov ci ha messo un attimo, ma uno di numero, a entrare in partita, poi ha messo giù 8 attacchi (67%) e 1 ace.

Le “paropagelle”
Dimitri Muserskiy. Colossale, non fa nemmeno un muro ma il suo mestiere è attaccare come uno schiacciatore (11 punti, 83%): Travica può servirlo a occhi chiusi perché lui la metterebbe a segno anche bendato e girato di spalle. Alcune accelerate nel punteggio si sono fondate sul granitico monolite rappresentato dalla sua battuta, una vera ‘Pietra Tuono’ di velocità e potenza che neanche i missili della Guerra Fredda. Fischiato dal pubblico per eccesso di virulenza nel trapanare il terreno sul 5-8 del 2º set (in risposta al precedente muro di Solé), esce nel 3º parziale tra gli applausi dei tifosi che, sportivamente, riconoscono che se stasera si sono divertiti è anche merito di questo #CavaliereDiBronzo
Gyorgy Grozer. Il suo bicipite è il sole della galassia d’attacco del Belgorod e lui, deus ex machina, cambia le leggi della fisica e inventa nuove forme per quei palloni che, schiacciati a terra, tutto sono fuorché rotondi. Ne deforma 8 (47%), ma il suo braccio è ripieno di ace (2) e muri (2): ce n’è per tutti i gusti, tutti ugualmente indigesti per Trento. La partita vera inizia quando lui va in battuta (6-5 del 1º set) e inizia a sfornare bombe al servizio e missili in diagonale. #Bliny
Alexandr Bogomolov. Sui suoi occhi ghiacciati questa squadra può attraversare ogni match con la sicurezza che dà in campo e con il traino robusto dei suoi muri (3). Insieme al coscritto Tetyukhin è il Noè che guida il gruppo: spesso presente in attacco, in battuta manda in tilt la ricezione. #Neva
Dragan Travica. Non gli hanno perdonato nemmeno una virgola, a Trento, dato l’infuso di fischi che i tifosi mettono a bollire a ogni turno dai 9 metri o a ogni punto che fa. I due muri nei primi due set e l’ace nel 3º vincono il “fischiometro” della serata. Lui, francamente, se ne infischia e continua a giocare una partita in cui aveva solo l’imbarazzo della scelta su chi servire, tenendo in infusione tutti gli attaccanti. Ci aveva provato per due anni con Macerata senza riuscirci: ora questa Coppa si sta avvicinando. Saprà trovare il giusto tempo di ebollizione? #Samovar

Filippo Lanza. Un set giocato con il 67% in attacco, 1 ace per il 14-16 che riaccende le ceneri dell’entusiasmo: una partita in cui lo schiacciatore dimostra di saper ora sfondare, ora eludere il muro. Peccato che quel set fosse il 3º, quello che non valeva più per tentare il miracolo, quello in cui la pressione del Belgorod di riserva si era un po’ allentata. Nei set che contavano c’è stato un digiuno quasi totale (4 punti in due parziali con percentuali bassissime). #LeNottiBianche
Michele Fedrizzi. La palma di miglior guerriero va a lui: sanguigno, si arrabbia e si innervosisce in campo, segno di quanto tenesse al risultato, di quanto abbia onorato la responsabilità, di quanto volesse fare tanti punti. In battuta riesce a mettere un pesante fiato sul collo alla ricezione e quando subisce il muro di Travica prima si arrabbia, poi reagisce sfondandolo, quel muro. Sul 8-12 del 2º set Serniotti lo sostituisce con De Paola e a fine match la sua faccia racconta per filo e per segno la delusione. Fa pubblica ammenda su Facebook e stasera in campo era difficile chiedergli di più. #GuerraEPace
Jack Sintini. Per uno che conosce così bene le pieghe della sofferenza partite come questa sono il teatro perfetto per mettere in campo quel qualcosa in più che va oltre una bella alzata. Lui ci mette sensibilità per distribuire con intelligenza, cuore per correre dietro a tutti i palloni, roccia per essere di appoggio anche psicologico per tutti. “Sopportemo pazientemente le prove che ci manderà la sorte. Faticheremo per gli altri senza conoscere tregua”: non molla mai, Jack, e da lui ci si aspetta proprio questo, senza mai darlo per scontato. #ZioVanja
Gabriele Nelli. Apparizione nel 1º set, protagonista nel 3º con il 67% in attacco: viene quasi da rimpiangere di non averlo visto prima in campo. Perché Serniotti non lo voleva bruciare, ma lui non ha tradito l’emozione. Il collegiale del progetto “Rio 2016” deve avergli fatto bene, si direbbe che la parabola del giovane opposto abbia iniziato la sua ascesa. #LoSchiaccianoci

 

DIATEC TRENTINO – BELOGORIE BELGOROD 0-3
PARZIALI: 15-25 (23′) , 20-25 (25′), 22-25 (26′); tot. 1h14′.
DIATEC TRENTINO: Sintini, Solé (4), Ferreira (6), Suxho, De Paola (2), Lanza (9), Nelli (4), Colaci (L), Fedrizzi (3), Burgsthaler (1). Non entrati: Thei, Polo. All.: Roberto Serniotti.
BELGOROD BELOGORIE: Kosarev, Bogomolov (7), Panteleymonenko (6), Tetyukhin (3), Grozer (12), Bragin (L), Khanipov, Muserskiy (11), Travica (4), Ilinykh (4), Bagrey (1), Zhigalov (9). All.: Gennady Shipulin.

ARBITRI: NEDERHOED Jacobus (NED) e GRIEDER Stephan (SUI).
NOTE: spettatori 1357. Diatec Trentino: bs 7; ace 3; muri 3; errori 17; ricezione 54% (perf. 23%); attacco 31%. Belogorie Belgorod: bs 18; ace 6; muri 8; errori 28; ricezione 55% (perf. 25%); attacco 55%.
Foto di Elena Zanutto

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