#cheplayoff Caccia grossa a Osimo: Macerata ferisce Perugia (3-0). Le “paropagelle” (tema: grandi predatori)

Osimo – Casa è dove la legge che vale è quella della vittoria: la Lube Banca Marche Macerata per la ventunesima volta ricaccia gli assalti alla propria arena. Dopo le corride sfiancanti delle prime due sfide finali il torero Lube infilza il toro Sir Safety Perugia: la lotta è stata più equilibrata di quanto non racconti la stoccata per 3-0 inflitta all’ospite. Episodi hanno deciso l’esito delle prime due parti della corrida: Atanasijevic che incorna il vuoto, offrendo il fianco del 24-22, e due colpi secchi di Monopoli (entrato dalla panchina proprio su quella battuta) che devastano la ricezione. L’epilogo si è macchiato di rosso, cartellino che ha accelerato la chiusura di una corrida in cui il torero teneva saldamente il toro per le corna. L’impressione è che i ruoli siano stati determinati dalla forza della mente più che da quella di tendini e muscoli: nell’arena per la decima volta in cinque settimane la Sir ha vestito i panni della preda. Non sacrificale, non senza orgoglio; ma con una caparbietà piegata dal mantello rosso della Lube, dietro cui si annidavano tre stoccate vincenti: il muro (10 a 5), la ricezione (64% contro 39%) e la possibilità di muoversi su tutta la superficie dell’area. Da posto 2, dalla banda, dal centro: il matador Baranowicz (Mvp) ha potuto è saputo coinvolgere nel 51% dell’attacco le mani di Parodi (poi sostituito da Kovar), di Zaytsev-Kurek banderillas mortali, di Stankovic. Molto più fasciati i movimenti del toro: Atanasijevic, fondamentalmente.

LA TOREADA – Eppure il toro aveva inizio il tercio de varas con un giro di arena di Atanasijevic e Buti in primo tempo. Ma il torero sul 18-20 manda Baranowicz dai 9 metri: il picador colpisce con la vara la ricezione e Kurek affonda con il regaton fino al 22-20. Atanasijevic sbaglia e recupera (24-23), ma Kovar fredda la rimonta (25-23).
Le banderillas del secondo tercio si sono conficcate nel dorso ora della Sir, ora della Lube. Toro o torero, scambio di ruoli in un set combattuto valorosamente: l’arena prende fuoco ai colpi dello Zar, i fischi rivolti ad Atanasijevic sembrano dover far esplodere le vetrate del palas.
Le emozioni si potrebbero descrivere, sapendo già che le sensazioni sono un’adrenalina che non appartiene alla parola, ma al sangue nelle vene. Di chi è in campo, di chi è in curva, di chi trasferisce in linguaggio l’essenza dello sport, della battaglia per la vittoria, del superamento dei propri limiti, della forza del sogno, della durezza della realtà, del carattere nel rialzarsi dopo la caduta.
Tutto è successo nel secondo tercio: da Kurek banderillero che produce la prima lieve ferita (10-7), a Stankovic che mette sulle ginocchia il toro confuso (13-9). Il 15-10 sembrava una sentenza: non per la pelle coriacea della Sir. Quando Mitic mette la distanza di 9 metri i ruoli si invertono: il serbo, se non ha brillato per abilità manuale, ha fulminato la ricezione. Break di Atanasijevic, attacco fuori misura di Zaytsev e set riaperto come una ferita non rimarginata (18-19). Le banderillas vincenti le nascondeva Monopoli, ma nessuno lo sapeva, tranne il suo destino, che voleva farne l'”eroe di questa partita” (come lo avrebbe definito Stsnkovic a fine toreada): spezza i polsi di Giovi (24-23) e poi ipnotizza il toro (25-23). Ferito nelle gambe e nel carattere, ha lottato fino alla fine: il tercio de muleta è stato un equilibrio controllato dal torero, che alla fine ha affondato la lama dai 9 metri della battuta di Kovar, capace di portare la Lube dal 14-16 al 18-16. Serviva la Sir delle serate migliori, viste tante volte, per invertire i ruoli: ma questa era la serata della Lube.

Le “paropagelle”
Ivan Zaytsev. Il primo vantaggio del branco ha il dente appuntito dello Zar (7-6): è un muro, presagio della tattica efficace di accerchiamento della preda (3 punti a rete). Parte in diagonale con una velocità che pochi predatori vantano, semina panico sparso in attacco (14 punti, 48%). Il capo branco deve anche gestire un gruppo animato dall’adrenalina della caccia: dal 2º set il clima si surriscalda in campo e fuori, ma riesce a tenere nelle righe un agonismo sempr sul punto di esplodere. Lo fa – esplodere – il palas intero, ai suoi mani out che trascinano la squadra. La folla ha trovato il suo idolo, gli avversari il loro feroce predatore. #Orca
Bartosz Kurek. Colpisce con la sua velocità che rende infuocati i palloni, spesso determinanti: lo sono quelli del finale del 1º set, lo sono quelli dell’avvio del 2º. 12 punti (53%), tutti appuntiti perché quando si trova nell’habitat naturale della caccia feroce tutto quello che fa è memorabile. È un trascinatore, sia di carattere (urla che atterriscono) che nel gioco della squadra (l’inizio del 3º set è tutto suo). #TRex
Jiri Kovar. Aspetta in panchina con apparente aria indifferente per fare la sua apparizione nel primi due set al posto di Parodi e nel 3º dall’inizio. Quando ci sono margini di erba alta si nasconde tra 4 errori al servizio e 3 in ricezione. Quando il morso è determinante, invece, colpisce dritto alla giugulare: non sbaglia il morso che chiude il 1º set, stringe più forte nel turno in battuta del 3º set con cui, di fatto, la volontà di combattere della Sir viene stroncata. Opportunista come solo i predatori più furbi sanno essere. #Iena

Aleks Atanasijevic. Macchina perfetta selezionata dall’evoluzione per uccidere e non avere rivali, il signore delle acque è lo squalo: il suo unico predatore è l’uomo. E a cacciarlo ci sono lo Zar, gli aminemici serbi, l’atavico polacco e la folla che dalla riva osanna i cacciatori del terribile pescecane. Il più fischiato, il più criticato, il più marcato, ma senza di lui l’oceano non sarebbe così divertente. Nonostante Spielberg. Riescono a catturarlo nella rete (4 muri subiti), in rete ci finisce anche da solo (4 battute sbagliate), il mix di velocità e potenza che lo contraddistingue non è efficace come al solito. Per la prima volta sembra scalfito da quello che gli succede intorno (ed è una guerra vera). È il miglior marcatore (18 punti, 42%), il problema è che non avrebbe dovuto essere un predatore solitario. #SqualoBianco
Nemanja Petric. Finding Nema: le sembianze pietrificanti delle sue mani avevano fatto capolino dai fondali di gara 1 e 2. Questa volta, invece, è mancata la ferocia delle sue fauci. Qualche guizzo lo ha fatto e le anse delle sue traiettorie sanno essere sempre sinuose e taglienti in un’alternanza dettata dal talento; rimane, però, inchiodato al fondale – anche in ricezione (a differenza di Vujevic, partita difficile in attacco, ma in seconda linea un combattente). #Murena
Andrea Giovi. Vittima della “sindrome Baggio”, negli occhi rimarrà la ricezione del 2º set, il momento peggiore per commettere l’unico errore del suo set migliore (55% pos., 45% perf.). La “Belva” è diventata vittima di un predatore più grosso: ha sofferto (metaforicamente e non) la pressione sui polsi dei denti affilati di Kurek e Zaytsev e la brillantezza della corazza coriacea era opaca anche in difesa. #Velociraptor

CUCINE LUBE BANCA MARCHE MACERATA – SIR SAFETY PERUGIA 3-0
PARZIALI: 25-23 (31′); 25-23 (35′); 25-20 (28′); tot.: 1h34′.
CUCINE LUBE BANCA MARCHE MACERATA: Henno (L), Parodi (6), Zaytsev (14), Stankovic (6), Patriarca, Kovar (4), Monopoli (1), Kurek (12), Baranowicz (4), Podrascanin (6). Non entrati: Provvisiero (L), Giombini. All.: Alberto Giuliani.
SIR SAFETY PERUGIA: Buti (6), Paolucci, Petric (11), Giovi (L), Barone (2), Mitic (1), Vujevic (3), Atanasijevic (18), Fanuli (L), Semenzato (2). Non entrati: Della Corte, Cupkovic, Della Lunga. All.: Slobodan Kovac.
ARBITRI: LA MICELA Sandro di Trento e BARTOLINI Gianni di Firenze.
NOTE: spettatori 4285; incasso 36730. Macerata: bs 16; ace 3; muri 10; errori 23; ricezione 64% (perf. 43%); attacco 51%. Perugia: bs 12; ace 4; muri 5; errori 22; ricezione 39% (perf. 30%); attacco 42%.

foto di Elena Zanutto

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