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5 buoni motivi per vincere l’oro nel volley maschile

L’Italia è in finale. Dopo aver ribaltato un 15-8 nel primo set, aver subito un 25-9 nel terzo – che, diciamocelo, avrebbe ammazzato tutta la passione del migliore guerriero del mondo – dopo essere stati sotto nel quarto set, decisivo quindi per gli Stati Uniti, 22-20. Dopo tutto questo, l’Italia ha vinto con un murone di Simone Buti, ma prima con un punto in ricezione di Massimo Colaci, prima ancora, nel primo set, con gli ace di Emanuele Birarelli. Ha vinto di palle, di testa, di cuore, con un pizzico di fortuna? Perchè no? Quel video check chiamato quasi alla disperata sulla battuta di Ivan Zaytsev e tramutatosi in punto per pochi cmillimetri sulla linea è lì a dire che questa volta gli dei del volley stavano dalla nostra parte, che questa volta in finale ci andiamo noi. Qui sotto, vi diciamo 5 buoni motivi per i quali l’Italia dovrebbe vincere la medaglia d’oro, quella che ancora manca agli azzurri.

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Lorenzo Bernardi in attacco contro l’Olanda ad Atlanta 1996

 

1. Perchè una volta va bene (Atlanta 1996), due va bene (Atene 2004). Ma tre, francamente, sono troppe – La Nazionale italiana ha vinto, nella sua storia, due argenti e tre bronzi. Nessun oro. La partita sciagurata con l’Olanda del 1996 ce la ricordiamo, quell’asta di Andrea Giani ad Atlanta, al tie break, contro gli olandesi di Bas Van De Gor, quando i giocatori battevano piedi a terra e la palla era bianca come il latte. La sconfitta contro il Brasile di Atene, otto anni più tardi, anche quella ce la ricordiamo. Nel primo caso, l’Italia ha buttato via l’occasione della vita pur essendo nettamente favorita. In Grecia, invece, senza forse, i brasiliani erano troppo forti per un’Italia che stava mutando pelle, con le ultime giocate di Andrea Giani e un Alessandro Fei di 26 anni che, dalla stagione successiva, avrebbe lasciato il ruolo di centrale per quello di opposto. A Rio? Da non crederci, è arrivata una finale che – dai, su – chi ci avrebbe scommesso un euro? Nel 1996, con la sua maschera, c’era pure il Bovo. E l’oro se lo meriterebbe pure lui.

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L’Italia del Volley che ha vinto tutto tranne l’oro olimpico

 

2. Perchè questa non è, sulla carta, la nazionale più forte di sempre. Quella del 1996 era la più forte di sempre per le Olimpiadi, la Generazione di fenomeni era la nazionale più forte di sempre. Gente completa, quasi perfetta, quasi maniacale, da non crederci. Quella del 2016 non è perfetta. Ogni tanto va in barca – 25 a 9 nel terzo set contro gli Usa è un risultato che parla – ogni tanto non riceve perfettamente e fatica a mettere la palla a terra. Ma questo non significa niente. Non è la più forte, eppure, l’Italia non conquistava una finale dal 2004, da 12 anni, quindi. E quanto è bello pensare di poter vincere pur non essendo perfetti?

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L’Italia di Chicco Blengini dopo la vittoria contro gli Usa in semifinale.

 

3. Perchè c’è della sana ignoranza che va premiata. Un regista di 20 anni dà un’incoscienza che può trasformarsi tanto in gioia quanto in dolore. Un giocatore come Zaytsev che, nell’esultare, nel parlare dopo la partita, sempre, non tiene mai neanche la pipì, inevitabilmente, dà carica. Un personaggio come Simone Buti, simpatico e toscano alla stessa maniera. E’ un’Italia che è venuta a Rio per giocare, giocarsela, per divertirsi, che ama mettersi in posa nel post partita, che ama essere gruppo, che dà l’impressione, in certi casi, di essere in colonia. E questo è meraviglioso.

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Olimpiadi – L’Italia batte gli Usa 3-2 e va in finale.

 

4. Perchè il più forte ce l’abbiamo noi. Non ce ne voglia nessuno. Ma Ivan Zaytsev – a parte i 127 km all’ora che son difficili da fare in auto delle volte – è in una forma strepitosa: fisica, di nervi, di testa, di voglia e desiderio. Tre ace sul 22-20 per gli Usa non si fanno per caso. E’ il più forte. Punto. Oggi 21 punti sono suoi. Ma molto di più: una grinta e una faccia che dicono tutto.

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Simone Giannelli, classe 1996

 

5. Perchè tra il primo e il secondo palleggio ci sono 17 anni di differenza. Daniele Sottile ha 37 anni. Classe 1979. Simone Giannelli ne ha 21. Classe 1996. Quando Giannelli è nato, Sottile era in piena tempesta ormonale come tutti i 17enni di qualsiasi generazione, da Milazzo si era trasferito a Cuneo e così iniziava la sua carriera di regista intelligente e dalle belle mani, una carriera che dura ancora oggi e che ha visto la nazionale soprattutto nell’ultimo anno e mezzo. Giannelli sarà – a meno di crolli esistenziali – il regista dell’Italia per i prossimi quindici anni. Talento puro. E vedere due registi che appartengono a generazioni così diverse significa vedere una nazionale che accoglie la pallavolo di ieri e quella di oggi ma anche quella di domani. Sarebbe il momento generazionale migliore per vincere l’oro.

 

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