Juve Barcellona

Il diritto di tifare contro e l’obbligo di accettare gli sfottò

La Juventus perde la Champions League.
E le italiane non tifano per le italiane

Che il tifo abbia lo stesso nome di una malattia non è così tanto un caso. O anche fosse un caso, è una bella coincidenza, verrebbe da pensare. La Juve ha perso la Champions League, ha messo in difficoltà per dieci minuti su novanta un Barcellona ricco di stelle e dalla metà in avanti brillante e capace di accelerare quando serve. Non le è riuscito il miracolo, il sogno, come quel sogno che ha portato – che ne so – la Danimarca a vincere l’Europeo nel 1992, ma anche l’Italia a conquistare il Mondiale del 2006. Delle volte i sogni si avverano. Altre no.
La Juve ha fatto tutto quel che poteva fare. Quindi mettere in difficoltà il Barcellona per dieci minuti era il massimo che potesse permettersi? Ci sta.

Juventus Barcellona
Il tifo

Capire di essere inferiori, nello sport, lascia un pizzico di amaro ma anche di triste rassegnazione. La Juventus, e gli juventini, erano consapevoli che la squadra spagnola fosse più forte.
Essere cosapevoli che essere arrivati in finale era già tanta roba è legittimo. Ma è comunque aberrante pensare che un “Bravi lo stesso” e una pacca sulla spalla tolgano tristezza alle lacrime di Pirlo e al viso contrito di Buffon.
L’Italia non juventina ha tifato Barcellona. O comunque, ha gufato Juve. E pareva difficile pensarla diversamente. Perchè? Perchè non siamo come i tedeschi che quando il Bayern va in finale di Champions, tutti i tedeschi, da Berlino ad Ambrugo a Monaco, tifano Bayern. Perchè in Italia questo non si fa?
Perchè l’Italia è l’Italia. Nel bene e nel male. E’ fatta di venti Regioni, molte delle quali non sanno dove si trovi l’altra (escluse quelle televisive, s’intende). E’ fatta di squadre, di stadi, che si sfottono dalla mattina alla sera che durante la settimana non pensando ad altro che alla domenica. Che in certi casi hanno conosciuto la violenza, il malaffare.
Perchè questo succede solo nel calcio? Sarebbe riduttivo pensare che ventidue ragazzi che danno calci ad un pallone siano instrinsecamente portatori di qualcosa di peggiore di una partita di basket, di una corsa di 400 metri piani o di un match di pallavolo. Sarebbe stolto chiudere la disputa con un pensiero di autodeterminazione degli altri sport che si sentono più piccoli ma migliori. Il calcio coinvolge numeri assai maggiori di tutti gli altri sport messi insieme. E questo accresce le possibilità: di guadagno, di visibilità, ma anche di divisone, di litigio, di tensioni.
Perchè si tifa contro nella normalità (quella che esclude la violenza e tutte le cose brutte)? Semplice: per non vedere l’altro esultare. Per non vedere che anche l’altra squadra è riuscita nell’impresa di vincere Campionato, Coppa Italia e Coppa Campioni e tutto in una stagione soltanto.
Gli sfottò sono più genuini di un “bravi lo stesso”, suvvia. Bravi lo stesso che? Perdere fa schifo. Almeno per qualche ora. Almeno per qualche giorno. Poi le cose le guardi da lontano – nel tempo – e vedi le forme con più nitidezza mentre ti volti indietro ma hai l’obbligo di guardare avanti. Tutti giocano per vincere. E chi non gioca – e sta a guardare – non è detto che debba sentirsi parte di un progetto che non coinvolge i propri colori. La frustrazione da tifoso di “non esserci” si trasforma in tifo contrario. Non lo ordina il dottore di tifare la squadra italiana che gioca in Europa.
Al lavoro, il giorno dopo, il collega juventino che ha vinto la Champions sfotte quello interista che manco è arrivato in zona Europa League. Mentre se il collega juventino non ha vinto la Champions e ha perso la sua sesta finale, beh, allora per il tifoso interista va tutto meglio anche se non ha raggiunto manco l’Europa Legaue (è storia quotidiana).
Tifare contro è molto più sano che far finta di tifare a favore. Per mostrare un’unità italiana, poi…siamo seri!
E’ un gioco. Ed è un gioco anche essere sollevato dalla perdita altrui. Non stiamo parlando di vite umane, di lavoro, di famiglie. Il calcio è la cosa più importante tra le cose meno importanti, diceva Arrigo Sacchi. E gli sfottò, a turno – è la legge dei grandi numeri a dirlo – prima o poi capitano a tutti: di sentirseli fare, di farli. Quindi state sereni. Tutto gira. E sentitevi liberi di tifare contro. Non prendetevela se vi gufano e perdete. Perchè quando vi gufano e vincete, la vittoria è più bella, giusto? E’ un gioco. Una questione di vita o di morte? Molto di più, diceva invece lo scrittore inglese Bill Shankly.

Please follow and like us:
0

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *